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Il Blog di Angelo Petrosino

Domenica, 14 ottobre 2018

Ai ragazzi

Fratelli alberi

Avete mai abbracciato un albero? Io sì, tante volte, da bambino. Anzi, negli alberi mi nascondevo addirittura, per farmi abbracciare da loro.

Angelo, di cosa parli? Di una cosa vera, ragazzi. Avete mai visto i tronchi contorti dei vecchi alberi d'ulivo? Io ero circondato soprattutto da loro nella mia infanzia, oltre che da quelli di mandorlo.

Nei tronchi dei vecchi alberi d'ulivo si formano a volte delle cavità nelle quali un bambino entra benissimo.

È quello che facevo io. O quando giocavo a nascondino con i miei amici, o quando mi veniva voglia di stare un po' da solo. Allora chiudevo gli occhi e mi immaginavo di essere l'unica persona al mondo. Protetto dalla cavità rugosa del mio albero d'ulivo, mi sentivo protetto e al sicuro. Una bella sensazione. Il silenzio della campagna solitaria non mi faceva paura.

Al silenzio, del resto, ero abituato. Nel paese dove abitavo non c'erano auto che scorrazzassero per le strade. Al massimo si sentivano le sonagliere dei cavalli o i campanacci delle mucche.

Tra i rumori che mi circondavano, preferivo quelli che facevano le foglie degli alberi quando li accarezzava la brezza o li sferzava la tempesta.

Degli alberi sapevo tutto, senza che nessuno me l'avesse insegnato a scuola.

Osservavo come spuntavano le foglie sui rami, come i fiori si trasformavano in frutti, sbirciavo nel fogliame i nidi dei passeri. Non ne ho mai distrutto uno. Per me i passeri erano un simbolo di libertà. Non avevano padroni, andavano dove volevano.

Poi un giorno sono partito, ho conosciuto le grandi città. Anche in città c'erano gli alberi. Ma quelli lungo le strade mi sembravano tristi. Troppo frastuono intorno a loro e la mole dei palazzi mortificava la loro voglia di sole.

Così pensavo, ed ero sicuro di non sbagliarmi. Per me gli alberi sono stati sempre delle creature vive. Mi facevano compagnia e prima di tornare a casa dai miei vagabondaggi, li salutavo con una carezza.